Ve ne siete accorti che nonostante il passare degli anni è sempre più vivo che mai? Ma perché? Me lo sono chiesta molte volte e trovo sempre una spiegazione diversa che non mi accontenta del tutto. Rocker maledetto, club dei 27, morte suicida, Courtney e il presunto omicidio … a dir la verità vorrei lasciare da parte tutti questi aspetti e cercare una nuova strada che dia più spazio alla sua musica, ai suoi testi senza troppe radiografie e al suo modo di vivere e vedere la vita. Non sarà proprio una strada dritta e semplice, sarà facile smarrirsi o fermarsi in vicoli ciechi ma sono una di quelle persone che crede valga la pena perdersi ogni tanto.
Kurt Cobain, anima dei Nirvana si è ucciso ormai da 25 anni eppure è sempre presente con la sua storia, con la sua musica e con tutto quello che ha rappresentato per una generazione come la mia. Ma la sua musica è andata oltre e ha ispirato anche le generazioni successive, quelle che non l’hanno mai incontrato ma che ne hanno percepito il suo potere e ne sono rimasti stregati.
Ho letto parte dei suoi diari “Journals” edito da Mondadori ma non sono arrivata in fondo: troppa sofferenza per la sottoscritta e continuare la lettura mi dava come l’impressione di fargli male un’altra volta. Una vita consumata e svuotata come quella di centinaia di altri giovani delle periferie di Seattle ma la sua fragilità messa in musica e parole lo hanno reso un’icona intramontabile del rock e forse più semplicemente un portatore di verità. Pensandoci bene credo di aver sbagliato a fermarmi a metà dei suoi pensieri, forse merita di essere ascoltato fino in fondo, anche quando inizia a fare male, a stare scomodo e a vomitare in faccia la realtà di ieri che non è altro che una profezia inclemente del nostro presente.
Quindi voglio dare ascolto al suo incipit: “Non leggere il mio diario quando non ci sono. OK, adesso vado a lavorare. Quando ti svegli stamattina, leggi pure il mio diario. Fruga tra le mie cose e scopri come sono fatto”.
Questo aspetto lo rende probabilmente immortale: la sua capacità unica di dire la verità, nuda e cruda, senza fronzoli, senza abbellimenti e mezze misure. Fa male la sua malinconia, la sua rabbia, la sua disperazione e peggio la sua apatia ma è senza dubbio una testimonianza di verità che alla fine libera e rende liberi.
Senza pretese alcune di critica musicale, vi invito a fare un breve viaggio nella sua musica da semplici fan dei Nirvana; nel suo percorso musicale troveremo qualcosa di più e forse proprio quel quid che gli ha fatto superare la morte.
Bleach – 1989: è l’album dei toni rabbiosi di Kurt Cobain.
Kurt è furioso nella prima traccia Blew dove grida il suo senso di claustrofobia in una Aberdeen così stretta e soffocante; il ragazzino antisociale di School, fatto a pezzi da Floyd (the Barber) e rinchiuso nella soffitta di Paper Cuts. Sono brani dominati dalle vibrazioni distorte della sua chitarra; suoni “sporchi”, strutture svuotate e semplici, gli effetti degli anni 80 banditi! Bleach è un Urlo che pervade tutto, un disco acerbo ma che identifica chiaramente il grunge che più che uno stile musicale rappresenta un vero e proprio approccio di natura politica ed esistenziale.
Poi c’è About a girl che Kurt non voleva inserire nell’album perché troppo Pop per Bleach ma il produttore non volle farne a meno e ne aveva tutte le ragioni perché i Nirvana non smisero mai di suonare questo brano live fino alla morte di Cobain. È sicuramente una canzone d’amore… per la sua prima fidanzata Tracy? Per il suo amore per i Beatles? Poco cambia…. Perché in ogni caso ci regala l’intimità di Kurt Cobain, una finestra sulla sua anima che sentiremo di nuovo così profonda e intensa in Unplugged in New York.
Nevermind – 1991: è il simbolo dello stato d’animo di un’intera generazione, ha la forza di riassumere e incarnare le paure e i sentimenti della generazione X che si vede rappresentata dai muscoli di questo album.
Non so davvero da dove cominciare…. forse
Smells like Teen Spirit che è bandiera dei Nirvana.
C’è un pizzico di Riot girls in questo brano ma Cobain voleva celebrare la rivoluzione e adolescenza insita nel punk rock così come in In Bloom dove l’acerba fragilità è in pericolo … infido è il rischio di uniformarsi e di non essere quello che si è, di venir meno al Come as you are, di rinunciare alla verità per essere quello che la società ci chiede di essere.
Kurt veste i panni da donna con occhiali over size e canta la triste cronaca dei personaggi femminili di Polly e Lithium che se la passano peggio semplicemente perché sono donne ed ennesimo oggetto di mercificazione della società e mortificazione dell’animo umano. Cobain canta in Territorial Pissing suonata dal vivo e mantenuta volutamente grezza nel mixing dell’album: “Never met a wise man, if so it’s a woman”.
Poi c’è Dio e quel suo modo di vedere la religione come rifugio contro il suicido ma il suo è un dio diverso … è un Dio gay come urla in Stay Away.
L’album, prima della Ghost track Endless Nameless fatta di grida e sfregamenti di corde più che di parole, si chiude con la triste e malinconica Something in The Way le cui note vibrano sotto il ponte di Aberdeen e Kurt come un animale selvatico si riduce a mangiare anche i pesci “… but it’s okay to eat fish, cause they haven’t any feelings”. In questo brano l’inquietudine è struggente e Kurt si sente come qualcosa “tra le scatole” che da fastidio alla sua famiglia, alla sua città, alla preconfezionata società americana. È uno fuori posto, un alieno come tanti altri che ha il grande merito di aver dato voce ai divergenti e alle loro diversità.
Infine arriva In Utero che mette la parola fine all’ingenuità adolescenziale e disperata. Con In utero non si balla, non si canta…. In Utero si ascolta e ti lascia senza fiato dall’inizio alla fine.
In Utero – 1993 rappresenta in un certo senso il testamento spirituale di Kurt. Non è più l’album della rivolta di Smells like Teen Spirit ma è un malinconico pop – punk rock, un parto fallito, l’aborto indotto di Pennyroyal Tea di quel bambino pieno di angosce e fragilità che non verrà mai alla luce.
Cobain tagliuzza i versi delle sue canzoni e le ricompone dandogli nuova vita, creando un decoupage di parole e suoni. In Serve the Servants il messaggio è subito chiaro “Teenage angst has paid off well
now I’m bored and old”, Kurt ha abbandonato l’adolescenza ed è rinchiuso nella scatola a forma di cuore “ Heart-Shaped-Box completamente succube della moglie Courtney Love. Il tema del dolore è il fil rouge di questo album che Kurt fa magistralmente rivivere anche attraverso il brano Scentless Apprentice in omaggio al romanzo ‘Il Profumo’ di Patrick Süskind. Altro accorato canto è quello per l’attrice Francis Farmer in Frances Farmer will have her Revenge on Seattle che al pari della struggente Rape me non è altro che un grido di dolore per le vite stuprate da questa società spietata e disumana.
E se Tourette, Milk it e Very Ape sono come delle scosse epilettiche, nevrotiche, impietose e laceranti, Kurt si fa pura poesia in Dumb:
…My heart is broke
but I have some glue
help me inhale
and mend it with you
we’ll float around
and hang out on clouds
then we’ll come down
and have a hangover – have a hangover
Forse l’amore è l’ultima luce che lo tiene ancora in vita perché come canta all’inizio del brano “I’m not like them, but I can pretend” Kurt non è come gli altri ma sa far finta. Ma per quanto tempo?
Sono tutte scuse All Apologies, con questo brano Kurt dice addio ai suoi affetti, ai fan e alla vita. Non c’è più speranza, non ci sono riposte alle tante domande che affollano la sua mente e l’inizio di questo brano:
What else should I be
all apologies
What else should I say
everyone is gay
What else could I write
I don’t have the right
What else should I be
all apologies.
E’ il suo modo di sentirsi felice veramente, lasciando tutto e tutti per sentirsi un tutt’uno con il sole senza più scuse:
In the sun
in the sun I feel as one
in the sun
I’m married
buried
Nel Novembre del 1993, Kurt si mette completamente a nudo con Unplugged In New York e qui l’empatia è di una potenza disarmante. Su quel palco addobbato a funerale, Kurt ha veramente donato tutto se stesso alla musica e a quei milioni di giovani che l’hanno stretto a loro senza più lasciarlo andare.
Questo è stato Kurt Cobain almeno per me e molti della mia generazione.
Cobain non fa solo rima con Cocaine come rappano oggi e quando amici musicisti mi chiedono cosa ci trovi di così speciale e irrinunciabile nei Nirvana di Kurt ora so davvero cosa rispondere:
Kurt ci ha dato la possibilità di essere imperfetti e comunque di essere amati. In un’epoca dove tutto deve essere impeccabile, esteticamente bello, eticamente e politicamente corretto, Cobain ci ha dato la possibilità di essere quello che siamo… noi stessi, senza maschere, senza forzature … semplici uomini che sbagliano, che cedono alle tentazioni, che commettono peccati.
L’imperfezione umana è celebrata ed è quella che rende veri: donne e uomini di qualsiasi orientamento politico e sessuale. I Nirvana sono un inno alla libertà e alla verità che è l’arma più potente che ognuno di noi ha a disposizione … così potente a volte da essere distruttiva ma che al tempo stesso è l’unica davvero in grado di renderci completamente liberi dal dolore e forse davvero immortali.